altIniziamo oggi una nuova rubrica di iPodmania, in cui scopriremo i più grandi album della storia della musica. Questa serie di recensioni si chiama iClassics e torneremo indietro nel tempo per riascoltare insieme 11 tra gli album internazionali fondamentali di ogni tempo fino alla fine dello scorso millennio. Poi? Poi si vedrà… Tra non molto tempo, arriveranno iClassics Italy e iClassics ZeroMa ora, cominciamo con questo capolavoro di Bob Dylan, targato 1965. Music is Love!

Siamo nel 1965. Bob Dylan è finalmente Bob Dylan, non più Robert Allen Zimmerman, anche sui documenti, non solo sulle copertine dei dischi. Sta inanellando una serie di capolavori, uno dietro l’altro: «The Freewheelin’ Bob Dylan» nel 1963 e «Bringing It All Back Home» nel 1965, soli 5 mesi prima di questo album, registrato in soli 6 giorni e pubblicato nell’Agosto 1965.

È il ritorno alle origini biografiche, storie semplici, attraversando quella strada che viene denominata Autostrada del Blues: la, appunto, Highway 61, che parte da New Orleans e passando per Memphis (la città di Elvis) e Duluth (quella di Bob) giunge fino al confine Canadese. È lungo questa autostrada che si stendono le canzoni del disco, un disco scritto di getto e in maniera poco intenzionale. Ad aprire l’album è un colpo di rullante singolo che cambierà la storia del rock&roll, quello che dà il via a Like a Rolling Stone, secondo il suo autore «un lungo, lungo pezzo di vomito di venti pagine» originariamente ispirato dal romanzo che zio Bob stava scrivendo in quel periodo, Tarantula. Un capolavoro di sei minuti e tredici secondi, prima nella classifica di Rolling Stone (che dalla canzone prende anche il nome) delle 500 canzoni della storia del rock. In questo album, Dylan passa definitivamente alla chitarra elettrica, non disdegnando mai la simpatica e sempreverde armonica a bocca. Su questa strada lunghissima incontriamo numerosi personaggi, tantissimi di questi nel sincero e zompettante shuffle Tombstone Blues, in cui troviamo immagini retoriche e assurde in pieno Dylan-style, con riferimenti a Paul Revere, Jack lo squartatore, Giovanni Battista, Galileo (10 anni prima di Bohemian Rhapsody), Beethoven e molti altri.

Colpisce l’umanità di questo album, soprattutto la perfetta imprecisione degli strumentisti, visibilmente crudi e non estremamente processati, d’altronde è il 1965…Pro Tools non era neanche nella mente del nonno del suo inventore. It takes a lot to Laugh, it takes a train to Cry mostra citazioni dal Blues classico che Dylan amava ed è l’allegoria di una persona sessualmente frustrata.

Tutte le influenze del blues americano sono riportate nell’album, in tutte le diverse declinazioni, si batte il piede un po’ di più in From a Buick 6 (molto sottovalutata…molto..) e arriva l’inquietudine della protesta in Ballad of a Thin Man, dedicata a un fantomatico Mr.Jones, lo stereotipo di una persona superficiale e borghese, probabilmente la canzone più sperimentale dell’album. È posta alla fine della prima facciata, ma noi figli di download digitale e cd non avremo bisogno di girare il disco per trovare una canzone speculare alla prima del lato A: Queen Jane Approximately in cui Bob parla della perdita della grazia, con un meraviglioso piano ascendente durante l’assolo d’armonica. Il riassunto dello spirito sonoro e lirico dell’intero progetto si trova nella title-track Highway 61 revisited: blues, ritmo, personaggi misteriosi, immagini evocative e citazioni bibliche come Abramo, a cui Dio chiede di sacrificare il figlio (e, guarda un po’, il padre naturale di Dylan si chiama Abram) con l’idea del viaggio che torna in Just Like Tom Thumb’s Blues nelle cui 6 strofe (senza ritornello), il protagonista parte dal Messico incontrando prostitute, droga, alcool, autorità corrotte, santi e molto altro prima di tornare a New York City, ispirata probabilmente a Kerouac o a Rimbaud. A chiudere l’album c’è il solo episodio acustico dell’intero LP: Desolation Row. Undici minuti di lirismo assurdo e surreale, considerata il concentrato perfetto del lavoro di Dylan, riproposta da tantissimi artisti, una sorta di inno alla desolazione e dei personaggi vittime di questo sentimento in uno scenario di caos e di entropia, con una parata felliniana di personaggi, la stessa che ha caratterizzato l’intero album (il brano ha anche una versione italiana pubblicata da De Andrè, Via Della Povertà, scritta con De Gregori).

Highway 61 revisited è un fondamentale esempio per comprendere Bob Dylan, che a sua volta è probabilmente il migliore cantastorie che l’America abbia mai visto. D’Altronde, ad aprire l’album è quella canzone che ha stregato e cambiato la storia della musica. Come ha detto Springsteen: «Quel tocco di rullante ha spalancato le porte della coscienza a tutti noi».

[Mm]

BOB DYLAN
HIGHWAY 61 REVISITED

TRACKLIST
#01 Like a Rolling Stone
#02 Tombstone Blues
#03 It Takes A Lot
#04 From A Buick 6
#05 Ballad Of A Thin Man
#06 Queen Jane Approximately
#07 Highway 61 Revisited
#08 Just Like Tom Thumb’s Blues
#09 Desolation Row
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